Tra i tassisti del Cairo

TERRASANTA.NET – 06/10/2008
di Carlo Giorgi

S’intitola semplicemente Taxi il primo effervescente libro di Khaled Al Khamissi, giornalista, regista e scrittore di novelle egiziano. L’opera è diventata un successo editoriale al Cairo, con 35 mila copie vendute e sette ristampe consecutive nell’arco di un solo anno. Il testo è ora pubblicato anche in Italia per i tipi della piccola casa editrice Il Sirente.
Il libro di Khaled Al Kamissi non poteva che essere partorito da un cittadino del Cairo, dove ogni giorno circolano – cercando di districarsi nel caotico traffico della megalopoli araba e di accaparrarsi il maggior numero di passeggeri – fino a 80 mila taxi. L’autore assicura di avere fatto, negli anni, centinaia di corse in taxi per le strade della capitale, di essere montato su vetture di ogni tipo, guidate da autisti di ogni categoria sociale, livello di istruzione, convinzioni politiche. E raccoglie nelle pagine del volume, uno spettro di incontri e testimonianze tanto variegato da raccontarci, in un modo nuovo, la realtà più credibile del mondo arabo moderno.

Il volume è ben strutturato. Ispirati all’abbandono fatalista ma sereno della fede islamica, il primo e l’ultimo racconto del libro, in cui due tassisti diversi, come due angeli, aprono gli occhi al passeggero, tra un semaforo e un intasamento, sulla bontà della vita e di Dio; con una saggezza macerata nel traffico di migliaia di chilometri percorsi nelle strade urbane.

Gli altri conducenti di cui racconta Kamissi, sono il genere umano, e in particolare il mondo arabo, in un unico grande affresco:  un’umanità dolente e arrabbiata; passionale o disillusa. Vitale, nonostante sia sempre ad un passo dallo sfinimento. Dall’autista fanatico religioso che aggredisce l’autore con una filippica contro il malcostume delle donne; all’altro che strangolerebbe seduta stante la polizia corrotta; da chi girato il mondo, trascorrendo una vita da emigrato all’estero, alla fine s’è ridotto a guidare un taxi al Cairo; al malcapitato pressato dalle rate della vettura e costretto a guidare per tre giorni di seguito.

Kamissi ha scritto il libro rispettando il dialetto arabo della gente semplice della capitale egiziana. Nella traduzione italiana s’è scelto di utilizzare espressioni dialettali meridionali, e in particolare napoletane, per esprimere la «popolanità» del parlato.

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