Ucraina, nazisti o nazionalisti? Viaggio nell’arcipelago del radicalismo

| La Stampa | Sabato 22 febbraio 2014 | Anna Zafesova |

A 55 anni dalla morte Stepan Bandera continua a spaccare il Paese.  Per i russi è un ammiratore di Hitler che sta ispirando i manifestanti

Tra l’infinità di simboli e bandiere che sommergono il Maidan ogni tanto fa capolino il ritratto di un uomo dalla alta fronte stempiata, i tratti sottili e lo sguardo infuocato. Per molti è un volto sconosciuto, per altri un’icona, per altri ancora la prova che a muovere la protesta ucraina sono le forze più oscure della sua storia. 55 anni dopo la sua morte, avvelenato da uno spray al cianuro spruzzato da un agente del Kgb in piena Monaco, Stepan Bandera, leader dei nazionalisti ucraini, continua a spaccare in due il suo Paese. Per i russi, e per alcuni commentatori occidentali, la sua presenza in forma di ritratto è il segno che sul Maidan si consuma una vendetta storica contro la Russia, e che i militanti della piazza che oggi riesumano la sua immagine sono “nazisti”.

Il personaggio è più che controverso, e per la storiografia sovietica trasmigrata senza emendamenti nella propaganda russa è un nemico, un ammiratore di Hitler, un carnefice spietato. La realtà è un po’ più complessa (per una ricerca si può cominciare da http://en.wikipedia.org/wiki/Stepan_Bandera): originario della Galizia ancora asburgica, aveva combattuto contro i polacchi, che l’avevano condannato all’ergastolo, e dopo l’annessione sovietica dell’Ovest ucraino contro i russi. Come tanti leader nazionalisti dell’Est europeo cercò l’aiuto di Hitler contro Stalin, ma una settimana dopo aver proclamato l’Ucraina indipendente i tedeschi lo chiusero in un campo di concentramento, contestandogli tra l’altro “l’indifferenza” verso gli ebrei. Lo liberarono solo verso la fine della guerra, come alleato infido ma indispensabile nella guerra contro i russi. Nel corso della sua lotta armata (che proseguì in Galizia fino agli anni ’50) ha combattuto indifferentemente polacchi, russi, tedeschi e “bolscevichi ebrei”, fornendo però anche rifugio e documenti falsi a molti ebrei in fuga.Per l’Ucraina occidentale è un padre della patria, per l’Est e per i russi giustifica l’equazione “nazionalisti=nazisti” anche oggi.
Quanto sono numerosi e influenti nel movimento di protesta ucraino gli eredi di Stepan Bandera? Per Alexander Woell, slavista tedesco considerato una delle massime autorità dell’”ucrainologia”, il paragone è totalmente improprio: “Il Maidan è un movimento di presa di coscienza nazionale, se vogliamo analogo a quelli che si sono avuti in Italia e in Germania nel XIX secolo, durante la costituzione dello Stato nazionale. Il nazismo non c’entra niente, la piazza chiede la libertà, non è rivolta contro altre etnie. Vogliono la libertà, l’indipendenza, la fine della corruzione, vogliono poter viaggiare liberamente, non vogliono che la Russia li coinvolga nei suoi tentativi di ricostruire una qualche forma di Urss”. E le immagini di ritratti di Bandera e simboli vagamente nazisti che ogni tanto fanno capolino nei video degli scontri? “Potrebbero essere presenti elementi radicali, simili ai seguaci di Le Pen in Francia o all’Npd tedesco, ma sono gruppi piccoli. Nessuno sa oggi se a provocare gli scontri siano stati loro, o i servizi segreti, o altre componenti radicali”.
Il mondo del nazionalismo in piazza è variopinto ed eterogeneo. Oleg Tiagnybok, il leader di Svoboda, è uno dei tre capi della piazza, e per l’opinione pubblica russa e filorussa è senza dubbio un “nazista”. “Viene dalla Galizia, da una famiglia di preti greco-cattolici, come Bandera, e ha esordito in politica con una retorica antisemita”, racconta Massimiliano Di Pasquale, autore di “Ucraina terra di confine” e oggi uno dei massimi esperti del Paese. Ma nel 2011 ha aderito al fronte dell’opposizione più liberale, moderando il discorso nazionalista aggressivo a favore della denuncia della corruzione e dei problemi sociali, che gli ha fruttato il 10% alle politiche del 2012 e gli ha permesso di uscire dalla Galizia per raccogliere voti su scala nazionale. “Non è anti-europeo, è semmai anti-russo, non in senso etnico, ma contro l’ideologia ancora sovietica che viene associata alla Russia”, spiega Di Pasquale. Considerato fino a poco tempo fa il segmento più radicale della politica ucraina, Tiagnybok è stato sorpassato in questi giorni dalle nuove formazioni nate già sul Maidan, come Il Settore di Destra, un gruppo nato dalle costole di varie formazioni, alcune delle quali anche con una preparazione paramilitare. Sul Maidan hanno svolto, insieme ai veterani dell’Afghanistan e altri, il ruolo di servizio d’ordine, e sono stati loro i più attivi nell’occupare edifici e scontrarsi con la polizia. Sono stati loro anche a pagare il più pesante prezzo in termini di vittime: “ Tra i loro primi caduti sul Maidan c’erano un armeno e un bielorusso, e accanto al Settore di Destra combattono i ragazzi dell’associazione ebraica”, prosegue Di Pasquale che spiega come il nazionalismo di questi ribelli che oggi vengono celebrati come eroi dalla piazza sia più in cerca dell’indipendenza nazionale che della purezza etnica.
Già, l’antisemitismo. “L’Ucraina ha una tradizione antica di ostilità verso gli ebrei, a cominciare da Bogdan Khmelnizky, il fautore dell’unificazione con la Russia nel ’600”, ricorda Woell. Poi ci sono stati i pogrom degli ebrei sotto gli zar, e poi l’Olocausto. Elena Kostiukovich, famosa filologa e traduttrice di Umberto Eco in russo, ha descritto nel suo romanzo “Zvinger” le vicissitudini degli ebrei ucraini durante e dopo la guerra, ispirandosi in buona parte alla storia della sua famiglia, fucilata nell’eccidio di Babiy Yar vicino a Kiev dai collaborazionisti ucraini. “Sono due giorni che guardo senza fermarmi la piazza (la diretta dal Maidan si trova all’indirizzo http://news.liga.net/video/politics/933170-evromaydan_v_kieve_pryamye_onlayn_translyatsii.htm) e ovviamente cerco nazisti e antisemiti. Non ho sentito nulla se non discorsi correttissimi. Sono molto organizzati, dal palco arrivano annunci tipo “chiama la mamma”, “ti stanno cercando nel tuo gruppo”, “non andate verso il pericolo”, “non toccate le granate della polizia, possono esplodere”, “donne, andate via, è pericoloso, è una roba da uomini”. Trasmettono i bollettini dal parlamento, sei volte al giorno i pope pregano, ma c’è anche il mullah e i tatari. Insomma, da ebrea, anticlericale e cacciatrice di fasciti posso assicurare di non aver sentito nulla che mi urtasse”.
Perché allora l’emittente russa per l’estero, Russia Today, lancia all’improvviso notizie (mai confermate) di pogrom di ebrei a Kiev, se perfino i leader della comunità ebraica della capitale non solo non manifestano alcuna preoccupazione, ma appoggiano il Maidan (come molti degli oligarchi di origine ebraica che aiutano la protesta)? “E una strategia di diffamazione dell’opposizione ucraina. L’Occidente deve chiedersi se ascolta propaganda o verità”, dice Woell. Timothy Snyder, esperto di Olocausto che insegna a Yale, ha scritto su New York of Books (http://www.nybooks.com/articles/archives/2014/mar/20/fascism-russia-and-ukraine/?pagination=false) che “semmai è il regime ucraino che ricorre all’antisemitismo dicendo ai poliziotti che l’opposizione è guidata da ebrei, è il lupo che grida “al lupo”, a se stessi dicono che combattere gli ebrei e a noi che combattono i nazisti”. Anche Anton Shekhovzov, ucraino che svolge ricerche sulla estrema destra europea nel Regno Unito e in Germania, nota che spesso le accuse di “nazismo” vengono rivolte agli oppositori ucraini da commentatori (russi e non) di idee tutt’altro che liberali, come l’anchorman di punta della tv russa Dmitry Kiseliov, che nelle dichiara che i cuori dei gay vanno “bruciati” per impedire che vengano usati per trapianti, e ha appena fatto una trasmissione dove “smaschera” le origini ebraiche di intellettuali dell’opposizione russa. Mentre a buona parte della destra europea, come Marine Le Pen o gli ungheresi di Jobbik il Maidan non piace in quanto troppo filo-europeo. “Le parole d’ordine del Maidan sono Libertà e Diritti Umani, quelle dei suoi nemici Ordine e Stabilità”, sintetizza Shekhovzov.
Uno scontro ideologico che, avverte Snyder, rischia di trasformare l’Ucraina in un “teatro della propaganda storica altrui, mentre è un Paese con complesse tensioni sociali e non un puzzle dal quale i tasselli possono essere rimossi a piacimento”. Che ha firmato insieme a una quarantina di esperti e ricercatori di tutto il mondo l’appello ai media a non cadere nella “rappresentazione fuorviante delle idee ultranazionaliste come il cuore della protesta ucraina”, composta da “liberali e conservatori, socialisti e libertari, nazionalisti e cosmopoliti, cristiani, non cristiani e atei, violenti e non violenti”. “Comprendiamo meglio di chiunque altro i rischi del nazionalismo estremo e ne abbiamo criticato le manifestazioni”, scrivono gli accademici, avvertendo però che l’eccessiva e fuorviante rappresentazione della protesta come animata dall’estrema destra possa fungere da pretesto per giustificare con l’opinione pubblica internazionale la repressione della piazza se non addirittura l’intervento diretto di Mosca, con danni alla libertà e ai diritti delle minoranze “assai maggiori di quelli che potrebbero provocare tutti i politici ucraini etnocentristi messi assieme”.