Esce in Italia Vita: istruzioni per l’uso Ma lo scrittore è in carcere in Egitto

Vita: istruzioni per l'uso : Ahmed Nàgi

Non è il primo caso di censura di un’opera letteraria, ma non era mai successo in Egitto che un autore venisse condannato a due anni di prigione per un romanzo

di Viviana Mazza per il Corriere della Sera

Il romanzo esce giovedì 6 ottobre in Italia. Ma l’autore, il trentunenne egiziano Ahmed Nagi, al lancio (nei giorni precedenti a Roma) non c’era: è in prigione. Il 20 febbraio scorso è stato condannato a due anni di carcere per «oltraggio al pudore» a causa del «contenuto sessuale osceno». Non è il primo caso di censura di un’opera letteraria in Egitto, ma è il primo caso di uno scrittore arrestato per il proprio libro.

Si intitola Istikhdam al-Hayat, tradotto come Vita: istruzioni per l’uso dalla casa editrice Il Sirente. Racconta la realtà sociale del Cairo, immaginando un futuro distopico in cui la metropoli è stata colpita da una terribile catastrofe naturale e una «Società degli Urbanisti» vuole distruggerne l’architettura millenaria per creare un centro futuristico, governato dalle macchine e dalla tecnologia. Il capitolo che ha messo nei guai lo scrittore è il sesto. Vi si racconta di una serata in cui il protagonista ventitreenne Bassam beve alcol, fuma hashish e fa sesso. «Cosa fanno i giovani di vent’anni al Cairo? — scrive l’autore in un passaggio — Leccano pupille, leccano fiche, succhiano cazzi, sniffano polvere, inalano hashishmisto a sonniferi? Fino a quando questo genere di feticismo continuerà a essere eccitante, innovativo e stimolante? Chi ora siede in questa stanza, da giovane ha provato molte droghe, sia ai tempi dell’università che dopo. Ma guardali, sono come atolli separati, incapaci di dare un senso ai loro giorni senza stare assieme».

«Triste mentre Ahmed è in carcere»

In Italia è venuto il coautore di Vita: istruzioni per l’uso. «È triste essere qui mentre Ahmed è in prigione», dice al Corriere Ayman Al Zorqani, che ha realizzato illustrazioni che si alternano ai capitoli del romanzo. Aveva incontrato Ahmed Nagi prima della rivoluzione del 2011, ed era rimasto colpito dal suo stile. «Parlava di politica in modo sarcastico, e per questo era più efficace, faceva arrabbiare le autorità perché si faceva beffe di loro», spiega. Nagi si stava anche facendo un nome: Vita, istruzioni per l’uso è il suo secondo romanzo pubblicato in Italia, dopo l’esordio con Rogers e la Via del Drago divorato dal Sole (Il Sirente, 2010). I due avevano deciso subito di collaborare, ma dopo l’inizio della rivoluzione sospesero ogni cosa, per poi riprendere a lavorare al romanzo nel 2012.

La rivista di sinistra e il manager della Fratellanza

L’arresto di Nagi è in parte il frutto di conservatorismo sociale ma anche di inettitudine e vendette personali. La storia ce la racconta Al Zorqani, in una lunga conversazione. Nagi lavorava per il periodico culturale Akhbar Al Adab. Nel 2013, durante l’era della Fratellanza Musulmana, erano stati piazzati a capo dei giornali uomini fedeli ai nuovi governanti. «I giornalisti di Akhbar Al Adab sono di sinistra e atei, mentre il nuovo manager, tale Magdi Afifi, conservatore e religioso tentava di controllare quello che scrivevano». È stato in questo periodo che uno dei caporedattori ha pensato di pubblicare un estratto del romanzo al quale Nagi stava lavorando. «Ahmed gli ha consegnato tre capitoli tra cui scegliere e poi è partito per un viaggio già previsto negli Stati Uniti — continua Al Zorqani —. Nel frattempo, a metà del 2013 i Fratelli Musulmani sono stati rovesciati, poi Al Sisi è diventato presidente e ha sostituito tutti manager dei giornali con uomini a lui fedeli. Ma si è dimenticato di Akhbar Al Adab. E così questa è stata l’età dell’oro per il periodico». Infatti, «il manager nominato dai Fratelli Musulmani non voleva essere epurato e perdere il lavoro e così restava zitto, non interferiva con il giornale. Ma quando il capitolo sesto di Nagi è stato pubblicato, c’è stato chi l’ha trovato offensivo, anche se il suo contenuto non è senza precedenti. E’ stato allora che le autorità hanno scoperto che Afifi era il manager e l’hanno licenziato in tronco».

La furia di Afifi

E allora Afifi si è arrabbiato. «Aveva sopportato per quattro mesi un giornale pieno di parolacce e contenuti immorali e senza Dio. Pensava almeno di poter riuscire a conservare il posto – ci dice Al Zorqani —. A questo punto non poteva opporsi alla decisione di Al Sisi, ma almeno poteva vendicarsi di quei miscredenti. Così deve aver visto nel capitolo del libro di Nagi una specie di dono divino: gli permetteva di colpevolizzare la redazione e anche di spingere il governo a essere più conservatore. Così è andato presso l’ordine dei giornalisti, ha denunciato Akhbar Al Adab affermando che pubblicava pornografia, contenuti volgari e contrari all’Islam. Le autorità hanno cercato di evitare che scoppiasse un caso, non volevano che Afifi apparisse come un eroe, ma odiavano anche Ahmed e il suo lavoro. Quando è tornato dagli Stati Uniti lo hanno sospeso, anche se non licenziato. A lui non importava. Nel frattempo, abbiamo completato la grafica e fatto stampare il libro in Libano, poi la polizia doganale egiziana ha dato l’autorizzazione all’ingresso delle mille copie e il romanzo stava avendo un discreto successo, ne avevamo vendute 900».

La nuova denuncia

Era passato un anno, insomma, quando è arrivata una nuova denuncia, stavolta da parte di un privato cittadino, di nome Ghani Salah, che si è detto turbato dai riferimenti al sesso contenuti nello stralcio pubblicato dalla rivista. Al Zorqani sospetta che l’istigatore fosse il solito Afifi. Quel che è certo è che nessuno si aspettava che lo scrittore potesse essere arrestato. «Non è la prima volta che la letteratura egiziana contemporanea presenta personaggi poco edificanti — scrive l’arabista Elisabetta Rossi —: basti pensare per esempio a ‘Abdallah, protagonista del romanzo di Ahmad al-‘Aydi Essere ‘Abbas al-‘Abd… che beve alcolici, fuma hashish e intrattiene relazioni libere con le ragazze; la sua schizofrenia lo porta a uno stadio di alienazione che lo dirotta verso un rapporto conflittuale con la società e la città in cui vive, Il Cairo». Certo, ci sono stati libri proibiti in passato in Egitto, sottolinea Al Zorqani, sin da «L’Islam e le fondamenta del potere politico» di Ali Abdel Raziq nel 1925 (che era in realtà un libro contro il re Fuad) fino al graphic novel di Magdi Shafiei bandito nel 2007 per una scena d’amore (in realtà dava fastidio il fatto che criticasse il presidente Mubarak perché voleva trasmettere il potere al figlio). «Ma non c’erano precedenti per l’arresto di Ahmed Nagi. E così lui aspettava al massimo una multa, non certo il carcere».

La condanna

Le autorità di polizia e poi il giudice in appello hanno voluto fare bella figura, secondo il disegnatore. Dopo il proscioglimento in primo grado, «la pubblica accusa ha deciso di trasformare l’indignazione del privato cittadino in indignazione dello Stato», ha detto all’Ansa Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia che ha patrocinato il libro. A nulla sono valse le proteste di 700 intellettuali egiziani e il Premio «Barbey Freedom to Write» conferito da «Pen» al giovane scrittore. «Ahmed all’inizio pensava che i media potessero aiutarlo», spiega Al Zorqani. «C’era stato un forte movimento in suo favore. Anche i conservatori cui non piace questo libro e che credono debba essere proibito non pensano che lui debba andare in prigione».

Prigioniero politico

Secondo Al Zorqani, a un certo punto, Nagi è stato visto come un oppositore politico e ciò rende difficile anche una riduzione della pena. «Ci sono state celebrità che in tv hanno detto che questo non è l’Egitto in cui credono, hanno presentato questo caso come una questione personale contro Al Sisi. E anche le autorità lo stanno trattando come un prigioniero politico. Due settimane fa, sono stati graziati alcuni criminali comuni, ma lui no, è rimasto dentro». Anche Amnesty International sospetta che la colpa di Nagi non siano stati tanto i dettagli su sesso e droga sparsi nel libro, quanto il realismo con cui descrive «una Cairo triste, violenta, putrida e cattiva». «Per tutto il tempo che vivi o ti muovi dentro al Cairo, sei costantemente denigrato. Sei destinato a incazzarti. Anche se impieghi tutte le forze della Terra non puoi cambiare questo destino. Sei soggetto in ogni momento ai pettegolezzi che ti arrivano da sopra e da sotto, da destra e da sinistra», riflette il protagonista Bassam. «La ricostruzione del Cairo e l’attenzione alla sua architettura sono dunque tematiche centrali del romanzo», nota Elisabetta Rossi che ha intervistato l’autore prima dell’arresto. «L’intento della “Società degli Urbanisti” non sembra così distante dalla realtà: pare quasi rispondere all’attuale e ambizioso progetto di Al Sisi di costruire, coi finanziamenti sauditi, una moderna capitale egiziana nel cuore del deserto».

«Il processo» di Kafka (a fumetti)

Al Zorqani ci dice di aver visto l’amico un mese e mezzo fa, l’ultima volta. Era dentro la gabbia in cui vengono tenuti gli imputati in tribunale. «Non aveva un brutto aspetto, non sta male fisicamente, ma è in uno stato di panico. So dalla sua fidanzata che non riesce a dormire. E’ in cella con altre 40 persone e vorrebbe restare solo. La buona notizia è che è un carcere per uomini d’affari corrotti perciò non ci sono scontri e zuffe, ma non può nemmeno andare in bagno senza un guardiano». Al Zorqani gli ha mandato «Il processo» di Kafka in arabo e «Hush», il fumetto di Jim Lee. «Quando vedono i disegni, le guardie non fanno problemi. Pensano che i fumetti siano per bambini».