Metro, di Magdy el-Shafee

| Arabismo.it | Venerdì 10 dicembre 2010 | Alessandra Fabbretti |

Magdy el-Shafee, al suo esordio nel mondo della letteratura impegnata e d’avanguardia, stupisce il mondo arabo – e non solo- con una creazione tanto originale quanto affascinante: Metro. Il primo graphic novel mai realizzato nel mondo arabo, edito in Italia da il Sirente, ci lancia all’inseguimento caotico di personaggi, eventi e situazioni che ci parlano di una città border line tra vecchio e moderno, tra le affollate e rumorose strade del Cairo, anche quelle sotterranee della metropolitana, in cui i nomi delle fermate lanciano un chiaro messaggio: Saad Zaaghloul, Nasser, Sadat e Mubarak.
Shibab, il protagonista, è un brillante informatico che spera di raggiungere soldi e successo attraverso i suoi programmi: non ha fatto i conti però con la realtà in cui vive, e il suo sogno degenera presto in un incubo. Debiti, minacce e persino un creditore particolarmente agguerrito che gli lancia contro suoi scagnozzi diventano refrain della sua vita quotidiana. L’impossibilità di uscire dalla trappola in cui è caduto – e le cui fila sono tessute dalla stessa società egiziana, profondamente corrotta e clientelistica- lo persuade a rapinare una banca. Ma i guai non finiscono certo qui: delitti, inseguimenti, tradimenti e manifestazioni decisamente movimentate ritmano la seconda parte della storia, che si concluderà con un finale non bello, ma sicuramente sereno, in cui è possibile intravedere un flebile barlume di speranza.
Intervistato durante la prima romana del libro organizzata dall’Associazione Culturale Arabismo nell’ambito della rassegna Arabismo al Caffè, lo scorso 7 dicembre, Magdy racconta la sua graduale evoluzione da anonimo farmacista a vignettista impegnato. Dopo aver frequentato un seminario sul fumetto alla American University nel 2001, Magdy entra in contatto col quotidiano indipendente Dustur e inizia a pubblicare strisce di satira politica. Metro arriverà solo nel 2008. Profondamente influenzato dai modelli occidentali quali Superman e Corto Maltese, il tratto di questo promettente disegnatore è rapido, deciso e frammentato: come la società cairota sta lentamente perdendo speranze e voglia di combattere, così sulle tavole di Metro i personaggi sono rappresentati a metà, in modo solo parzialmente ben definito. Quel poco che l’autore lascia assaggiare della sua arte permette di notare una certa sicurezza, ma il resto, ossia le parti sgranate o confuse, rivelano molto di un altro protagonista di questo lavoro: il Cairo, con le sue molteplici contraddizioni che sgretolano il tessuto sociale e le relazioni tra gli individui. Proprio a causa della sincerità con cui Magdy el-Shafee critica il modus operandi di politici e poliziotti in Egitto, ha subìto una condanna molto pesante da parte di un tribunale che lo ha multato e ha disposto la distruzione di tutte le copie del libro.

“Magdy, pensi che il regime si senta minacciato da opere come la tua?” chiediamo all’autore nel corso del nostro incontro.
“No, non credo sia esatto parlare di minaccia” risponde el-Shafee. “L’arte, qualunque sia il canale che scelga per esprimersi, sia esso la letteratura, la pittura, la musica e persino il fumetto, non vuole mai minacciare, bensì raccontare qualcosa. Non si pone mai come obbiettivo di ribaltare le cose. Se poi ci riesce, è un altro discorso.”

“Il tuo racconto ricalca un po’ i fatti del 6 aprile. La gente allora subì una scossa, fu un punto di svolta per la costruzione della consapevolezza collettiva: non sei d’accordo? Perché nel tuo libro accusi le persone di essere “anestetizzate” agli eventi che le circondano?”
“I fatti del 6 aprile sono stati un momento molto importante per l’Egitto, soprattutto per le grandi metropoli come il Cairo ed Alessandria, ma la strada verso la consapevolezza piena è molto lunga. Credo che manchi ancora molto, ed è difficile fare una previsione esatta.”

“Pubblicando questo libro non hai temuto di mettere in qualche modo in pericolo la tua famiglia?”
“Ricordo ancora il giorno in cui arrivò la convocazione da parte della questura. Io naturalmente ero molto agitato e temevo che mi avrebbero fermato. Fu allora che mia moglie mi guardò dritto negli occhi e mi disse che mi avrebbe accompagnato, e aggiunse che se mi avessero arrestato, in quel momento lei si sarebbe sentita la moglie più fiera e orgogliosa d’Egitto, e mi sarebbe rimasta accanto in ogni caso.”

“Nel romanzo, Dina è la giovane giornalista che partecipa con entusiasmo a tutte le manifestazioni di protesta mentre Shihab è più disilluso, le evita e cerca di convincere l’amica a non andare. Tu con quale dei tuoi protagonisti stai?”
“Con Dina, naturalmente. È vero che le manifestazioni sono pericolose e si rischia molto, ma lo considero un modo per far parlare la gente, per esprimersi contro quello che non piace. Anche se forse non servono a cambiare le cose, non smetterò mai di crederci.”

“Di fronte a Metro anche gli altri paesi del mondo arabo hanno reagito come l’Egitto?”
“No, non tutti, devo ammettere che ha suscitato grande interesse, e vari paesi lo hanno stampato e diffuso con entusiasmo. Tra questi soprattutto Qatar e Libano. Questo fatto mi ha molto colpito e rallegrato.”

“Dopo i guai che hai passato a causa di Metro, ti sei scoraggiato oppure sei pronto a scrivere e disegnare ancora?”
“Se Dio vuole, continuerò il mio lavoro. Non mi sento scoraggiato, anzi è il contrario. Perciò riprenderò presto a disegnare.”

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